Pendolari - Ravenna Trasgressiva

Prima di scrivere mie “nuove” esperienze, desidero dire che in un primo racconto ho commentato ai commentatori, già dal secondo ho preferito non farlo e continuerò così. Questa scelta sta nel fatto che i lettori mostrano smoderatezze che derivano da opinioni non legate alla narrazione. Espressioni d’intolleranza che, ben poco hanno a vedere, secondo il mio modesto parere, con la storia/racconto reale o inventato che sia, che ben presto sfociano in insulti o robe di scarsissimo livello. Premesso ciò, di seguito, vi partecipò una delle mie esperienze più rilevanti, nella speranza che non andiate a cavillare sulla veridicità della stessa, ma che ne apprezziate il contenuto.

Conseguentemente a un incidente stradale, nel quale fortunatamente sono rimasto illeso, per un periodo abbastanza lungo ho viaggiato con ogni sorta di mezzi pubblici. La giornata cominciava molto presto, tutte le mattine prendevo un treno che mi portava al capoluogo della mia provincia, per poi da lì muovermi nella direzione che i miei impegni imponevano. È durante questo primo spostamento che inizia questa mia vicenda.
Il treno era un regionale, per cui a ogni stazioncina si fermava per tirar su pendolari, tuttavia impiegava non più di quaranta minuti per raggiungere, alla fine, il capolinea. Chi ha pendolato da una città a un'altra, per studio, lavoro o qualsiasi motivazione, sa che pian piano tra i viaggiatori si crea una sorta di solidale conoscenza, si notano gli assenti o le nuove presenze. Nonostante ciò tutto scorreva in modo silente, omogeneo tutte le mattine. Finché un giorno arrivato alla stazione all’ultimo momento, mi precipito in carrozza un attimo prima che chiudano le porte, quasi cadendo. Questa cosa provocò inevitabilmente commenti, battute e risate da parte dei presenti, anche di quelli con cui non avevo un rapporto, come dire, personale. In questo frangente notai Lei. Una donna sui 35, dal sorriso stupendo, bruna, carnagione bianca come il latte, portava sul naso un occhialetto da segretaria, che le dava un aria molto sexi. Da quel giorno, prima di trovar posto, la cercavo con gli occhi, dopo mi sedevo da dove potevo osservarla. Aspettavo sempre che scendesse per prima, la seguivo con lo sguardo, consideravo quel suo modo di camminare, mi eccitava. Devo dire che non fu facile avvicinarla, poiché non mai aveva incoraggiato un mio approccio, fino al momento in cui una mattina, presi il coraggio a due mani e approfittando di un posto vuoto accanto a lei mi sedetti. La salutai, lei sorrise e disse < tu sei quello che arriva sempre all’ultimo istante >, < ma no, è successa solo una volta e tutti mi avete preso in giro >, < io no!! > sogghignando, < ma se ridi ancora adesso, lasciami dire, che a guardare il tuo bel sorriso, ne è valsa la magra figura >, lei arrossi, credo anch’io. Parlammo ancora fino al capolinea. Il giorno successivo, come tutte le mattine, la cercai, vidi che sulla seggiola a lato aveva messo la sua borsa, mi avvicinai e sfacciatamente le chiesi < mi hai custodito il posto? >, < te l’ho sogni >, rispose, < ma puoi accomodarti se ti pare >, < si, mi pare, grazie non dovevi > beffandola.
Da quella volta il nostro rapporto diventa sempre più gioviale. Parlavamo, delle nostre famiglie, dei coniugi, dei figli, di noi. Quei brevi argomenti, quel breve tragitto, era divenuto tappa importantissima della giornata, perché cominciasse bene. Una mattina la trovai immusonita, gliene chiesi il motivo. Non voleva parlarne, perseverai. Sbottò dicendo che era a causa mia < è colpa tua >, < ma se non ho fatto niente >, < si invece, da quando ti ho conosciuto… >, < cosa?? >, < ti ho sempre nei pensieri, non riesco più a fare nulla > al che, dopo un primo momento di sgomento, sul mio volto si stampò un sorrisone a trentadue denti. < cosa ridi? cosa? >, < rido perché non potevi darmi notizia più bella >, continuai < la mattina non vedo l’ora di starti accanto >, sotto i cappotti le nostre mani si stringevano. Il focolaio era diventato fiamma. Ne parlammo per il resto del viaggio, scambiammo i numeri e stabilimmo, come fare e quando per sentirci, anche per messaggi che ci inviammo per tutta la giornata, sempre più roventi. Tanto che fissammo, per il giorno dopo, che comportandoci alla solita maniera, ognuno per la propria strada, ci saremmo invece ritrovati dopo una mezz’ora in un bad and breakfast che conoscevo.
La mattina successiva, appena sul treno, i nostri sguardi si trovarono. Come al solito mi sedetti accanto a lei, come al solito chiacchierammo, diversamente dal solito lei era radiosa, almeno io la vedevo così. Indossava un tailleur giacca e gonna blu scuro, che faceva risaltare la carnagione chiara, collant e stivali, al ginocchio, neri. Stile, meravigliosamente, donna in carriera. < Sei stupenda > le sussurrai, < avrai sorprese > rispose. Non stavo più nella pelle.
Quando entrammo in camera, rimase piacevolmente sorpresa, l’aveva immaginata meno confortevole, meno adeguata, viceversa era calda sia nei toni sia nella sobrietà, era la nostra alcova. Finalmente soli ci abbracciammo, era tesa, nonostante il clima piacevole della stanza, tremava. Arrivò il nostro primo bacio, caldo e lungo. Avevamo tutto il tempo che serviva per centellinare ogni fiato, ogni attimo, togliemmo gli abiti, la sorpresa era servita. Sotto il tailleur solo le auto reggenti < non sapevo che intimo mettere, ho pensato che avresti gradito… il pensiero > e gli stivali, gradivo. Stava davanti a me, i seni, ancora sodi, svettavano in una terza piena, l’addome esaltava i fianchi maturi, il pube depilato celebrava la vagina dischiusa, guardavo estasiato il corpo non giovanissimo ma rigorosamente ben tenuto. Alzandomi la gustai appassionato, le bocche unite, le lingue intrecciate, le mani desideravano i nostri corpi, stuzzicavo i lobi, carezzavo il seno, lambivo la pancia e l’ombelico, fino a raggiungere, impaziente, i glutei che strinsi a due mani procurandole un breve sussulto. Esploravamo l’uno l’altra, ogni millimetro di pelle, conservandone nella mente le imperfezioni, l’ubicazione dei nei o delle cicatrici, un insaziabile petting, toccavamo e baciavamo i genitali dell'altro, procurandoci reciproco piacere. Ci amammo intensamente, donandoci emozioni inesprimibili. I baci, le carezze, gli amplessi si ripeterono per tutto il giorno, fino a quando nel pomeriggio, ormai inoltrato, lasciammo dietro di noi un letto in disordine.

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24/04/2015 11:54

anonimoxvero

grazie del complimento camillo!! Anchio ti stimo!! W adolf!!

22/04/2015 21:55

Camillo 2

anonimox complimenti, bel commentino che CONDIVIDO al 100X100. Ciaoo PS: permettimi di ripetere- Maledetti americani

22/04/2015 15:44

anonimox

laoconte e roby vi sara ' tolto il diritto di voto perche siete malati di ebetismo!!

22/04/2015 00:35

Laoconte

...concordo con il commento di Roby ma in ogni caso grazie Fenix!

21/04/2015 15:49

Roby

gran bel racconto, scritto da una persona intelligente, manca un pò di trasgressione e più particolari dell'amplesso...

20/04/2015 10:21

banana

ma perche non vai a fae in culo scrittore mitomane! Grazie per quedta stronzata inventata al 100 %!!

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